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"IMPRONTE DI FUOCO"

Pirografando... alla riscoperta della più antica forma di artigianato esistente

( di Ilaria Andreucci - pubblicato su Legno Lab n. 18 e 19 anno 2010)

 

“Mentre osservavo … immagini spettacolari che si rincorrevano sullo schermo in un’alternanza di nuances caldissime e si fondevano alle venature del legno creando giochi di luce dai vibranti contrasti cromatici, in una danza di intrecci e grafismi unici impressi su un’infinità di oggetti, tutti particolarissimi nel loro genere … mi chiedevo quale attinenza potessero mai avere con l’unica idea che mi ero fatta di un pirografo, per tanti anni ibernata all’interno di un piccolo negozio di souvenir della Sardegna e limitata al solo ricordo di una curiosa penna calda capace di incidere il mio nome sulla superficie di un grazioso bracciale di cuoio.

Evidentemente, all’epoca, dovevo sapere ben poco in merito alle straordinarie potenzialità che questo strumento avrebbe potuto avere!
Legno, cuoio, sughero, carta, persino corni e avorio, funghi e zucche essiccate … ma su quanti materiali ancora è possibile disegnare con il fuoco? Su un’infinità, e tutti pronti a divenire degli originalissimi doni o splendidi oggetti d’arredo destinati ad impreziosire i nostri ambienti.

L’interesse da sempre nutrito per il disegno, la predilezione per la tecnica incisoria e un amore smisurato per la natura, mi hanno inevitabilmente portato a scegliere la pirografia come attuale forma di espressione artistica, e il legno quale supporto più utilizzato proprio in funzione della sua infinita varietà e duttilità.

Niente più “anemie” di fogli e tele quindi, potevo per la prima volta entrare nella materia, sondarne la superficie e toccarla, studiarne le trame, vederne l’anima attraverso spire di fumo e sentirne quell’odore inconfondibile generato dal contatto della punta arroventata, percependo in tutti i sensi quel tipico calore che solo il legno riesce a trasmettere, insomma, “viverla”. Con la pirografia, in una perfetta simbiosi tra disegno e materia, si avverte una sorta di ritorno al selvaggio, al primitivo, ad un qualcosa di ancestrale e ci si trasforma in un mezzo atto ad imprimere un proprio marchio, per lasciare un segno, un’impronta attraverso cui ritrovare quel legame indissolubile con la natura in un’altalenante fusione tra passato e presente.”

(Un pò di storia

La Pirografia (dal greco antico: "scrittura col fuoco") è l'arte di incidere su qualsiasi materiale naturale tramite l'utilizzo di una punta di ferro arroventata ed è stata una delle più rudimentali forme di espressione, un'arte tribale, primitiva e forse per questo ancor oggi purtroppo considerata un'arte minore, povera.  Sono tuttavia pochissime le testimonianze. Un vaso raffigurante fiori e colibrì risalente al 700 a.C. a Nazca in Perù, è forse il reperto più significativo. Ma si trovano anche moltissime decorazioni su manufatti, oggetti personali, utensili e zucche essiccate. Praticata da un vasto numero di culture antiche, inclusi gli Egiziani e alcune tribù dell'Africa,  la pirografia era già in uso ai tempi dei Tuareg, dei Cabili, dei popoli dell'Europa centrale e dell'America del Sud. In Gran Bretagna è presente nelle travi delle case tudoriane o come implemento agli intarsi del XVIII° secolo e alla decorazione dei mobili. Persino artisti come Dürer e Rembrandt pare abbiano avuto esperienze con essa. Difficile poterla collocare in un periodo e luogo ben preciso; certo è che ebbe il suo momento di massima espansione durante l'era vittoriana e la nascita del movimento Arts & Crafts quando le riviste iniziarono a pubblicizzarla incoraggiando le donne della borghesia a dedicarvisi per hobby o per lavoro. Conosciuta fino ad allora come  Poker Art o Poker Work (attizzatoio, ferro scaldato e arroventato sul carbone) era considerata un'arte rude e di difficile esecuzione a causa della scarsa capacità della punta di mantenere costante il calore durante tutta la fase di lavorazione. Si avvertì presto l'esigenza di inventare un sistema che potesse risolvere questo inconveniente e dopo innumerevoli tentativi si arrivò alla soluzione grazie all'invenzione di una sorta di vaporizzatore per il profumo contenente benzene collegato ad un soffietto e ad un tubicino di gomma con punta finale in platino, preriscaldata sulla fiamma generata dalla combustione. Il sistema si rivelò tuttavia difficile e faticoso dovendo azionare velocemente il soffietto con una mano e allo stesso tempo incidere con l'altra. Ma la vera "svolta" di questa tecnica si dovrà ad un architetto australiano di nome Alfred Smart che scoprì il modo di applicare, come mai accaduto prima di allora, le prime colorazioni e ombreggiature. La nascità dell'elettricità nel XX° secolo semplificò ancor di più il processo di lavorazione attraverso lo sviluppo dei primi strumenti elettrici. Dai primi pirografi creati sulla base di semplici ferri per saldatura si è arrivati alle più perfezionate e sofisticate macchine dei nostri tempi.

Il moderno Pirografo è composto da una specie di penna dall'impugnatura di plastica isolante con una punta di ferro terminale in nichel-cromo o platino, riscaldata da una resistenza elettrica alimentata da un trasformatore che converte la corrente di rete in corrente a bassa tensione.

Il colore è ottenuto unicamente dalle bruciature del legno nelle sue intensità generate dal passaggio della punta arroventata sul supporto utilizzato.

Colori caldi e naturali si amalgamano perfettamente alle venature e ai nodi del legno in una sovrapposizione di trasparenze di straordinaria bellezza. Il disegno prende vita e tenta di emergere dalla materia pur restando incastonato e imprigionato tra le fibre del legno in un magico gioco di piani, luci e ombre e ogni segno impresso inizia a vivere di una propria storia, trasformando l'oggetto pirografato in un qualcosa di unico e irripetibile.

Talvolta un tocco di colore è ammesso laddove si vogliano accentuare le parti più significative di un'immagine.